Il flow nello sport

Il flow nello sport

Forse ti sarà capitato di fare qualcosa come se fossi in un piacevole stato di trance… Di essere una cosa solo con gli oggetti utilizzati… Di avere il controllo delle tue azioni, presenti e future, senza far caso allo scorrere dei minuti o a ciò che ti stava capitando intorno. Tale esperienza è stata studiata molto negli ultimi 40 anni e viene definita stato di Flow.

Cos’è

Csikszentmihalyi (1990) definisce il Flow come una sensazione caratterizzata da un’improvvisa espansione dei confini del sé, da una perdita di senso del tempo e da un incremento della percezione di controllo sull’attività intrapresa. In questi momenti, come sottolinea Inghilleri (1996), elementi fondamentali diventano:

  • l’attenzione riposta nell’azione eseguita;
  • una generale sensazione di benessere;
  • la consapevolezza di poter esprimere tutto il proprio potenziale;
  • la presenza di un impegno adeguato a terminare con successo gli atti svolti;
  • un controllo sul compito tale da avere reazioni in armonia con i cambiamenti e le esigenze che lo stesso richiede.

Quando di verifica

Lo stesso Csikszentmihalyi (1990) ha individuato le 9 situazioni fondamentali perché lo stato di Flow si realizzi, riportate e approfondite in un più recente libro da Muzio, Riva e Argenton (2012).

  • Bilanciamento tra sfida e capacità: ognuno dovrebbe avere a che fare con qualcosa di non troppo difficile, ma nemmeno troppo facile, per quelle che sono le proprie abilità.
  • Unione tra azione e coscienza: consiste nel sentirsi una sola cosa con l’attività svolta.
  • Obiettivi chiari: bisogna sapere quali mete specifiche e realistiche si vuole raggiungere, possibilmente avendo dei criteri per capire se si è “tagliato il traguardo”.
  • Feedback immediato ed inequivocabile: l’individuo deve capire subito se i gesti svolti vanno nella giusta direzione o devono essere modificati per ottenere il suo scopo.
  • Concentrazione totale sul compito: essa deve essere spontanea, elevata ed intensa.
  • Senso di controllo del compito: la persona deve credere di poter agire sempre su ogni aspetto o situazione.
  • Perdita di autoconsapevolezza: l’assorbimento nell’attività porta ad avere processi spontanei, non “appesantiti” da un ragionamento sul cosa fare prima di ogni azione.
  • Destrutturazione del tempo: non si ha più la percezione realistica di come corrano effettivamente i minuti e le ore, tanto da credere, ad esempio, di aver passato pochi istanti su un compito quando invece si è stati impegnati per un’ora.
  • Esperienza autotelica: è tale se favorita da una motivazione interna e dalla possibilità di ottenere divertimento, appagamento e piacevolezza.

Da anni ormai esistono percorsi nati con lo scopo di far lavorare gli atleti sui punti precedenti e, quindi, di favorire il sorgere delle esperienze flow. Personalmente ho visto molti ragazzi trarne un miglioramento della prestazione in gara e, di conseguenza, una maggiore soddisfazione personale. Ecco perché a volte consiglio, anche chi mi ha contattato per altri problemi specifici, di provare ad intraprendere un training apposito.

Bibliografia

Csikszentmihalyi, (1990). Flow: the psychology of optimal experience. HarperCollins Pubblisher: New York.

Inghilleri, p. (1996). La teoria del flusso di coscienza: esperienza ottimale e sviluppo di sè. In F. Massimini, P. Inghilleri, A. Delle Fave (ed.), La selezione psicologica umana: teroia e metodo d’analisi. Cooperativa Libraria IULM: Milano.

Muzio, M.; Riva, G.; Argenton, L. (2012). Flow, benessere e prestazione eccellente. Franco Angeli: Milano. 

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