Lo stress nello sport

Lo stress nello sport

Capita che un atleta si ritrovi a dover affrontare molti importanti impegni ravvicinati, soprattutto ad alti livelli. Il peso di questi eventi può colpire fisicamente e psicologicamente tanto da dire di essere stress.

I sintomi principali che proviamo in tali momenti sono (Perry, 2015; Selye, 1976):

  • fisici (es. mal di testa, mal di schiena, dolori addominali, tachicardia, sudorazione, stanchezza, problemi ad addormentarci, inappetenza, etc.);
  • comportamentali (es. alimentazione sregolata e assunzione di alcool, atteggiamenti critici o prepotenti verso gli altri, difficoltà nell’assolvere anche compiti semplici, etc.);
  • cognitivi (problemi a prendere la decisione giusta o a pensare chiaramente, preoccupazione, distrazione, etc.);
  • emozionali (rabbia, tensione, infelicità, senso di impotenza, etc.).

Definizioni

Selye (1976) ha definito lo stress come una risposta aspecifica dell’organismo ad ogni richiesta effettuata su di esso; Perry (2015) ha specificato come tale stato emerga quando non percepiamo di poter assolvere un determinato compito. In effetti c’è una netta distinzione tra la situazione/evento, esterno a noi, che è motivo di insofferenza (detto stressor), e il processo di adattamento che mettiamo in atto per fronteggiarlo (detto, appunto, stress).

Distinguere tra causa ed effetto, diverse a seconda di tanti fattori, ci porta a capire come ognuno di noi abbia risposte psico-fisiche non uguali in condizioni simili. Qualcuno, ad esempio, può sentirsi stressato davanti alla necessità di preparare una gara particolare, altri non avvertirne assolutamente il peso perché magari abituati a padroneggiare le proprie emozioni/sensazioni o perché, semplicemente, consapevoli di cosa serve per riuscire ad eseguire la prestazione richiesta.

È opinione comune che lo stress sia necessariamente negativo per noi, ma in realtà non è così. Quando lo stressor è in qualche modo “nocivo” per la persona, portandoci ai sintomi descritti all’inizio dell’articolo, si può parlare di distress. Se l’evento, invece, favorisce la vitalità dell’organismo perché aumenta l’adrenalina ai giusti livelli (es. situazione di gara per un atleta) senza portare ad altre conseguenze negative, allora si sta vivendo qualcosa di positivo per la realizzazione del compito e si può parlare di eustress.

La nostra risposta

Secondo il modello della sindrome generale di adattamento descritto da Selye (1976), noi di solito reagiamo agli stressors in 3 fasi:

  1. Aumentando la produzione di adrenalina che accelera la frequenza del battito cardiaco e la circolazione sanguigna.
  2. Cercando di mettere in atto strategie per ridurre le conseguenze negative derivanti dalla situazione.
  3. Con il passare del tempo, sentendo fatica e/o sentendoci esausti.

Ognuno atleta dovrebbe capire le situazioni di stress e sapere come affrontarle. In questo, come psicologo, posso essere un valido aiuto attraverso un percorso di consapevolezza su quelle che sono le proprie sensazioni, le proprie risorse a cui attingere nel momento di bisogno e le azioni che possiamo mettere in atto.

Bibliografia

Perry, J. (2015). Sport psychology: a complete introduction. Hodder & Stoughton, Great Britain.

Selye, H. (1976). Stress in health and disease. Butterworth’s reading: Massachusetts.

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