Quando finisce una competizione spesso si guarda al risultato come elemento certo di confronto con gli altri o se stessi. Molti atleti, soprattutto dopo una vittoria, non vanno a verificare nel dettaglio quanto è stato fatto. In realtà un’attenta analisi post gara può essere fondamentale per migliorarsi.
Ti è mai capitato di credere di non riuscire ad andare bene in una interrogazione, ed effettivamente, pur avendo studiato, rimediare un brutto voto? In pratica è avvenuto esattamente ciò che pensavi accadesse. Ma se ti dicessi che probabilmente sei tu che hai fatto si che si verificasse questo spiacevole evento?
Forse ti sarà capitato di fare qualcosa come se fossi in un piacevole stato di trance… Di essere una cosa solo con gli oggetti utilizzati… Di avere il controllo delle tue azioni, presenti e future, senza far caso allo scorrere dei minuti o a ciò che ti stava capitando intorno. Tale esperienza è stata studiata molto negli ultimi 40 anni e viene definita stato diFlow.
Ti è mai capitato di vedere gareggiare una squadra in cui i singoli giocatori si muovevano e si aiutavano come se tutto fosse naturale? A me sinceramente si, e devo dire che è stato uno spettacolo! Sono consapevole, però, che per arrivare ad ottenere un risultato simile serve lavoro e determinazione…
Chiunque si è trovato nella situazione di dover esprimere al meglio il proprio potenziale per ottenere un risultato: durante una presentazione, un esame, nello sport. Pensa, per esempio, ad un ciclista che è testa a testa con un avversario alla fine di una corsa: in quel momento cercherà di tirare fuori tutte le proprie capacità ed energie psicofisiche per tagliare per primo il traguardo. Lo stato che si vive in quel momento è oggetto di studio negli ultimi anni ed ha un nome: clutch.
Una volta un tennista mi raccontò che in una gara di un torneo importante, dopo aver vinto il primo set, il suo avversario iniziò a proporre un gioco veloce che lo mise in seria difficoltà. L’atleta sentiva di aver momentaneamente perso sicurezza in quello che faceva, di essere condizionato dalla paura di non passare il turno, dall’ansia e dalla tensione crescente. In quel frangente stava vivendo quello che viene chiamato choking.
Mi è capitato di avere davanti a me persone che avevano esagerato con gli allenamenti. Le situazioni vissute consistevano in mancanza di miglioramenti, addirittura in cali di performance e, di conseguenza, in una scarsa voglia a continuare. Tutto questo è successo perché ci si è allenati pensando, erroneamente, che un tempo maggiore dedicato all’esercizio avrebbe portato ad un incremento della prestazione, ma l’unico risultato ottenuto è stato di finire in overtraining.
Ogni tanto mi è capitato di sentirmi dire da atleti, anche di alto livello: “In questo periodo sono depresso!”. Non fatico a credere che ci siano momenti in cui ci si possa sentire abbattuti, e non solo per aver mancato un obiettivo, ma anche per altre valide ragioni. È anche vero, però, che a volte esageriamo nell’uso dei termini, tanto da scambiare sensazioni di tristezza per qualcosa di più grave.
Quasi tutti gli atleti, nel corso della loro carriera, si trovano a dover affrontare un infortunio più o meno grave. In questi casi è frequente che ci si senta frustrati dal non poter gareggiare, arrabbiati per il tempo che non si può dedicare agli allenamenti, addirittura disperati perché si allontana il raggiungimento degli obiettivi. L’atteggiamento migliore da adottare è, come intuibile, quello di reagire, magari con l’aiuto di qualcuno. Ma in che modo?
I genitori sono una categoria spesso sottovalutata nello sport. Il loro impegno si manifesta nel tempo dedicato (quanti si devono organizzare per portare i bambini ad allenamento?) e negli investimenti fatti (le spese per i corsi e le eventuali trasferte, a volte, non sono trascurabili). Eppure, quando si parla di miglioramento della prestazione, sono visti come attori marginali.
Nella mia attività ho avuto modo di conoscere tanti genitori preoccupati per la carriera agonistica dei figli, ma anche per il loro stesso comportamento. Mi sono state fatte tante domande, ad esempio come è meglio agire quando si nota che c’è un problema (di qualsiasi natura).