Il pensiero negativo nello sport

il pensiero negativo

Ti è mai capitato di avvicinarti ad un evento ritenendo di non essere in grado di farcela? Oppure di non riuscire a raggiungere il tuo obiettivo e di iniziare a pensare di aver sbagliato approccio o proprio tutta la preparazione? In tali casi si dice, comunemente, che sei pervaso da “pensieri negativi”. Può sembrare un paradosso, ma in realtà saper distinguerli è il primo passo per arrivare a ragionare positivamente.

Per Butler (1998) il pensiero negativo ci può portare ad avere i seguenti effetti indesiderati:

  • concentrazione inadeguata;
  • profezie che si autoadempiono (se penso di non riuscire, non riuscirò davvero);
  • tensione;
  • scarsa fiducia in se stessi;
  • evitamento del rischio.

I sette errori

Lo stesso autore ha evidenziato sette modi con cui indichiamo la scarsa convinzione nelle nostre capacità e, quindi, la scarsa fiducia in noi stessi.

  1. I “non” (es. “Non devo alzare la gamba così presto”). Quando si pronuncia una frase, l’attenzione sarà posta sul corpo principale di essa (“alzare la gamba presto”), che rimarrà in memoria.
  2. Le limitazioni (es. “Difficilmente oggi potrò vincere”). Consistono nella convinzione che nel futuro non riusciremo a fare qualcosa.
  3. Le autosvalutazioni (es. “Ho sempre perso l’uno contro uno col mio avversario”). Sono idee che mettono in luce i punti deboli riguardo una prestazione passata, mettendo in ombra ciò che è andato bene.
  4. Dubbi su di sè (es. “Sono scarso nel salto in alto”). Si hanno quando crediamo di avere scarse capacità per realizzare un compito. Rispetto alle due precedenti, in questo caso la credenza si riferisce a qualcosa di stabile nel tempo.
  5. “Cosa accadrà se…” (es. “Cosa accadrà se sbaglierò il rigore?”). Si pone l’attenzione sull’errore, senza trovare una soluzione, ma entrando in un possibile “loop” negativo in cui la risposta alla precedente domanda può divenire un’altra situazione negativa che temiamo (es. “Se sbaglierò il rigore i miei compagni se la prenderanno con me… E se accadesse cosa farò?”).
  6. Deludere gli altri (es. “Cosa penserà di me se fallirò?”). Si ha paura di non avere il riconoscimento voluto da parte di persone per noi significative (genitori, figli, compagni, amici, etc..).
  7. Altre preoccupazioni extra- sportive (es. “Sono in pensiero per mio padre”). In questo caso ci sono elementi esterni al compito che incidono negativamente sulla prestazione.

Capire come ragioniamo è un primo passo verso un cambio di mentalità, verso una visione della vita decisamente più positiva che ci aiuti risolvere i problemi anziché esserne succubi.

In un prossimo articolo vedremo come poter capovolgere i pensieri negativi in positivi.

Bibliografia

Butler R.J. (1998). Sport psychology in action. Oxford, England: Butterworth-Heinemann. Trad. di Bellotti P., Pirritano, M. Psicologia e attività sportiva, guida pratica per migliorare la prestazione. Il Pensiero Scientifico Editore, Roma.

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